Confortevoli polente e grandi formaggi, ma non solo: dopo una giornata sulla neve, rifugi e trattorie offrono tutto il gusto delle Alpi con ricette tipiche delle culture occitana, valdese, francoprovenzale e walser.
Che sia un rifugio o una trattoria, il sapore delle Alpi piemontesi è inconfondibile. Nei dintorni del Sacro Monte di Oropa patrimonio UNESCO, il classico è la cremosa “polenta conscia” delle Alpi biellesi dal cuore di formaggio grasso locale, servita con burro fuso. Alle porte di Torino, nelle vallate di Susa, sono da provare i gofri, cialde cotte tra due ferri roventi da servire con salumi, formaggi o guarnizioni dolci; le cajettes, gnocchi gratinati al forno, le zuppe di castagne o di grissini e tome, il prosciutto cotto al fieno e i grandi prodotti caseari tra cui il Blu del Moncenisio e il Plaisentif, il “formaggio delle viole”.
Nelle valli del Cuneese cucina piemontese, francese e occitana si fondono e ne sono esempio gli gnocchi della Valle Varaita di patate e farina, arricchiti da tomino e serviti con burro d’alpeggio o una fonduta di formaggio. In Valsesia le tradizionali “miacce”, sottilissime cialde croccanti si prestano ad infiniti abbinamenti e la Torta di Alagna mescola dolce e salato in un mix di sapori tipici della vicina cultura svizzero-tedesca, come pure l’“uberlekke”, ricco bollito accompagnato da patate, carote e rape bollite servito con una salsa al rafano. La tradizione alpina e walser è testimoniata anche nel vicino distretto del Verbano-Cusio-Ossola dal pane di segale e dal formaggio Bettelmatt, prodotto in un piccolo numero di alpeggi dell’Ossola. In Val Grande, nella borgata di Coimo, spicca un pane antico ottimo da accompagnare alla mortadella ossolana, presidio Slow Food aromatizzato di vino e spezie. E nella poetica Val Vigezzo, le donne custodi dell’antica ricetta insegnano i segreti dei “gnoch da la chigiaà”, gli “gnocchi del cucchiaio” fatti con farina di grano e acqua, ingredienti poveri alla base anche degli “stinchéet” (o “runditt”). Unite a sale e burro, queste sfoglie secche vengono cotte su un’apposita piastra in pietra o in ferro.
Per l’occasione possiamo scegliere i vini della cosiddetta “viticoltura eroica” dei vigneti d’alta quota. Tra Carema, Caluso e Piverone, attorno alla città di Ivrea, si producono la Docg Caluso con Erbaluce, Spumante Metodo Classico e Passito a bacca bianca, e Carema Doc, vitigno Nebbiolo a bacca rossa. In Valle di Susa, la Doc comprende vitigni autoctoni quali Avanà, Becuet, Baratuciat (primo bianco del territorio) e l’aromatico Vino del Ghiaccio prodotto a Chiomonte; il Pinerolese nella sua Doc annovera vini a bacca rossa prodotti tra Bricherasio e la Val Chisone e Germanasca: Nebbiolo e Doux d’Henry, Ramie, Avanà, Chatus. Nel nord Piemonte, è da segnalare il Prünent, vitigno a bacca nera autoctono, clone del Nebbiolo.