Ogni angolo di Torino è Risorgimento, atmosfere ottocentesche e scoperta di luoghi legati a fatti e personaggi che 160 anni fa fecero il Regno d’Italia eleggendola a prima capitale: i nomi delle vie e delle piazze, palazzi, monumenti, i caffè storici sono una vera “macchina del tempo” , fra le lunghe vie dritte della città, le belle alberate e le architetture austere.
Non lontano da Porta Nuova,nell’attuale largo Marconi, un obelisco è dedicato ai moti carbonari che qui scoppiarono sotto la guida del patriota cuneese Santorre di Santarosa per chiedere a Vittorio Emanuele I di concedere la Costituzione e liberare l'Italia. Sempre in centro città – fra via Mazzini e via Cavour – al numero 31 dell’evocativa Via dei Mille, c’è villa Levi dove nel 1859 abitò Giuseppe Garibaldi nel periodo in cui organizzò i Cacciatori delle Alpi. All’Eroe dei due Mondi è stata dedicata, oltre al monumento di Lungo Po Armando Diaz inaugurato nel 1887, anche la prima via pedonalizzata di Torino, elegante strada dello shopping tra due piazze storiche: Piazza Statuto, che celebra la concessione dello Statuto Albertino nel marzo 1848, e Piazza Castello con Palazzo Madama (oggi Museo Civico di Arte Antica) sede del primo Senato Subalpino e, dal 1861 al 1864, del primo Senato del Regno d’Italia. Per importanza risorgimentale, Palazzo Madama è secondo solo a Palazzo Carignano , dove sono nati Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II. Lì si riunivano i deputati del Regno Sardo, lì il 18 febbraio 1861 si apriva il primo Parlamento italiano, lì ha sede il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano .
Di Camillo Benso Conte di Cavour, primo ministro del Regno d’Italia e “tessitore” dell’unificazione, non mancano le tracce: a lui in città sono dedicati una piazza e un giardino, un monumento in Piazza Carlo Emanuele II, una via e il più antico liceo classico della città. Palazzo Cavour, uno dei migliori esempi dell’architettura barocca piemontese del Settecento, ove nacque e morì, è uno degli edifici storici più significativi di Torino, oggi sede espositiva e per eventi,; qui fu fondato il giornale “Il Risorgimento” e si decisero le sorti della nuova patria italiana con i personaggi più illustri dell’epoca. Al Ristorante del Cambio di piazza Carignano, dove Cavour pranzava e riceveva abitualmente, c’è ancora il tavolo dove amava consumare piatti a base di riso o asparagi, la finanziera alla piemontese, l’amato vermuth e i dolci.
L’atmosfera cavouriana è rimasta la stessa in altri due locali: in piazza della Consolata, dove Cavour era solito sorseggiare il “Bicerìn ” la domenica mattina nell’omonimo locale, aspettando l’uscita della famiglia reale dalla Messa, e alla Confetteria Stratta di piazza San Carlo: si narra che lì nel 1860 acquistò per la notevole cifra di 2.547 lire e 60 centesimi, 29 chili di marron glacés, 18 di sorbetto, 37 di frutti caramellati, paste, confetture e meringhette destinate a un ricevimento ufficiale. Del resto, ancora oggi, tra arredi d’epoca e boiserie, vi si gustano specialità dolci e salate. E non è difficile entrando nei Caffè storici, immaginare le discussioni che vi si tenevano tra politici e intellettuali: al Nazionale di via Po e al Caffè San Carlo, sull’omonima piazza, democratici, liberali, moderati ed ex giacobini. Da Fiorio, sempre in via Po, conservatori e reazionari: i cosiddetti “codini.” Altre tappe di sapore risorgimentale a Torino: corso Vittorio Emanuele II e il Largo con la statua del primo re d’Italia; via XX Settembre, dove al numero 68 una lapide ricorda che lì una sera del novembre 1847 il tenore e maestro di cori Michele Novaro - ospite del politico e patriota Lorenzo Valerio - musicò i versi di Goffredo Mameli, futuro Inno d’Italia. Corso Siccardi, dedicato al ministro della Giustizia del Regno di Sardegna che nel 1850 scrisse le leggi che abolivano i privilegi del clero.
Casa Castiglione, al numero 29 di via Lagrange, dove visse la Contessa Virginia Oldoini, protagonista delle trame diplomatiche cavouriane. In via delle Orfane, Palazzo Barolo, col salotto di Juliette Colbert dove si riunivano intellettuali e nobili per discutere di politica, di arte e letteratura: Silvio Pellico, che la marchesa accolse dopo la prigionia allo Spielberg (al numero 20 di via Barbaroux una lapide ricorda che lì scrisse”Le mie prigioni”); e poi Cavour, Cesare Balbo, Alfieri, de Maistre, nunzi pontifici e ambasciatori.